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Lo sbarco in Lombardia: cinque ristoranti dove mangiare cucina romana a Milano

La cucina romana a Milano ormai è un trend riconosciuto: se l’apertura di un ristorante desta curiosità, il secondo ti fa pensare al successo, dal terzo in poi è sicuramente tendenza. Negli ultimi mesi i locali romani che hanno deciso di aprire un’ambasciata nella bella Milano sono stati ben 4 e questo numero è destinato solo a salire. Perchè in fin dei conti a far innamorare della cacio e pepe il pubblico meneghino c’è voluto un attimo. Non che a Milano non siano mai esistiti i ristoranti romani prima del 2018, qualcuno c’era e da diverso tempo portava alta la bandiera dei piatti capitolini in terra straniera. Parliamo, per esempio, dell’Osteria Angelino che che nasce a Roma nel 1899 vicino a piazza Vittorio Emanuele e ha aperto una succursale lombarda in via Fabio Filzi nel 2014. Atmosfera informale, musica di sottofondo con stornelli tradizionali e una carta che più romana non si può: fiori di zucca, carbonara, tonnarelli alla trasteverina, trippa e saltimbocca. La ventata di novità non è arrivata solo con le osterie, ma anche con lo street food: dalla pizza al trapizzino, senza dimenticare gli immancabili supplì. Ecco i nostri 5 ristoranti preferiti, quelli da dove cominciare la vostra educazione sentimentale alla cucina di Roma, dove 4 sono novità e 1 e l’imprescindibile posto del cuore.

Da Felice a Testaccio: ovvero come essere Felice anche alle Colonne di San Lorenzo

Non vi racconterò dei rischi indicibili e delle traversie innumerevoli che ho dovuto superare per avere un tavolo per due da Felice a Testaccio. Stremata dagli inutili tentativi ho cominciato a fare telefonate casuali finchè non ho trovato un buco di martedì sera (serata dove si gioca facile anche nell’impervio campo della gastronomia di questa Milano un po’ New York) alle 19.00. Quando io e la mia amica ci siamo presentate in via del Torchio 4 al ristorante all’orario “cena tardi in ospedale” ci hanno prese in giro anche i camerieri con stoico accento romano. Ma non potevamo perdere la ghiotta occasione di mangiare questa cacio e pepe instagrammata da tutti gli influencer della #BellaMilano. Quindi per una sera, e solo per una sera, al grido di “magre domani” abbiamo ordinato di tutto: puntarelle in salsa di alici, carciofo alla romana, tonnarelli cacio e pepe e dei grassi grossi bucatini all’amatriciana. Quei carboidrati che fanno bene all’anima. Le porzioni sono abbondanti, il servizio abbastanza piacione e incalzante da farti pensare di poter uscire e andare in Piazza di Spagna a piedi, l’ambiente adeguato al clima milanese. Il mercoledì e il sabato ci sono i rigatoni con la pajata, una prelibatezza così tipica che non potete non mangiarla. La pajata è la prima parte dell‘intestino tenue dei vitelli di latte, pulito ma non privato del latte. Questi rigatoni sono il piatto più indimenticabile della cucina romana, protagonisti della famosa scena dell’osteria del Marchese del Grillo con Alberto Sordi.

Ba’ghetto: il kosher che non ti aspetti

A breve distanza dall’apertura del nostro amico Felice, a marzo sono arrivati in Via Sardegna anche i fratelli Dabush a confermare il trend di amore crescente per i piatti della tradizione romana. La cucina di Ba’ghetto, che apre i battenti per la prima volta a Roma al Portico D’Ottavia 30 anni fa, è una cucina kosher dalle influenze mediorientali. A differenza di quello che pensano in molti la cucina kosher non è la cucina ebraica, ma è la cucina che rispetta i dettami della religione ebraica sull’alimentazione. Kosher significa “adeguato” e ciò che è kosher deve rispettare le regole alimentari scritte nella Torah,  interpretate dall’esegesi nel Talmud e codificate nel Shulkan Aruk. Vediamo insieme alcune regole base dei cibi kasherut, cioè idonei.

  • I maiali non sono Kosher, perchè gli animali devono avere lo zoccolo fesso ed essere ruminanti.
  • Al bando aragoste, anguille, granchi: i pesci devono avere sia le squame che le pinne.
  • Pollo, tacchini, anatre sono Kosher ma gli uccelli rapaci no.
  • Il sangue degli animali dev’essere drenato prima che vengano macellati da un rabbino qualificato.
  • Carne e latticini non possono essere consumati insieme. Addirittura devono essere conservati a debita distanza e mangiati una volta finito il tempo della digestione. Anche gli utensili devono essere conservati separatamente se toccano carne e latticini.
  • Le materie prime non devono contenere insetti e quindi devono essere usati i pesticidi. I terreni di coltivazioni vengono messi a riposo una volta ogni 7 anni. E su quest’ultimo punto ultimamente c’è stata una gran polemica sulla messa al bando dei deliziosi carciofi alla giudia perchè non sarebbero Kosher per la presenza inevitabile o comunque insondabile di parassiti nella testa del carciofo.

Come recita la pagina del menù del sito web di Ba’ghetto “sulla Bibbia è scritto: non cuocerai il capretto nel latte di sua madre. In questo ristorante non troverete nè latte nè latticini”. E nemmeno il maiale ovviamente. Quindi carbonara, gricia e amatriciana sono fatte con la carne secca, un accoppiata sicuramente da provare. Personalmente vi consiglio di saltare i primi e cominciare da un assaggio di salumi kosher per poi puntare tutto sulle animelle saltate in padella accompagnate magari da fritto misto (baccalà, fiori di zucca e verdurine) e l’immancabile cicoria ripassata.

Romoletto: pizza gourmet trema, sta arrivando la pizza romana!

Romoletto è l’ultimo nato in termini di tempo di questo assalto romano allo scenario gastronomico meneghino, a schivare e rispondere colpo su colpo all’invasione di pizze napoletane e gourmet. La “pinsa” era lo street food per eccellenza anche al tempo dei romani, e un primo tentativo di farcitura allora si ebbe con l’aggiunta dei fichi freschi, per poi passare a mortadella, verdure e chi più ne ha più ne metta. La pizza romana che troverete in Corso di Porta Ticinese al 14 è la pizza bianca cosiddetta alla pala: bianca, alta e croccante, con un impasto idratato all’85% e lievitato per 48 ore. Si chiama così perchè la pizza viene messa su una pala di legno per essere farcita e poi infornata, è la tipica pizza bassa e scrocchiarella che si mangia con la mortazza. Pizza e mortazza, un’invenzione che ha del miracoloso: da Romoletto la trovate, come trovate anche le verdure della tradizione romana per farcire la pizza o da mettere in una vaschetta da asporto e mangiare sul divano guardando una maratona di film dedicati alle meraviglie di Roma: iniziate con la Dolce Vita, poi passate a Vacanze Romane e finite con il più moderno La Grande Bellezza. Quali sono i nostri gusti preferiti? Roast beef, rucola e dressing alla senape di Digione è da non perdere, ma anche fiori e alici con fiordilatte stracciato a mano, fiori di zucca e filetti di alici sott’olio. Non andate da Romoletto solo per la pizza però, la grande novità portata da Romoletto a Milano, e che sempre sia lodato, è il supplì al telefono. Si chiamano “al telefono” perchè nella ricetta originale nel cuore è inserito della mozzarella che si fonde durante la cottura e dividendo il supplì a metà le due parti restano collegate dalla mozzarella filante che crea un cordone come quello del telefono. Qui potete trovare quello classico al ragù di Chianina, parmigiano 24 mesi e fiordilatte mentre i vegetariani possono optare per il sugo di pomodoro. I veri gourmet però non guardano in faccia nessuno e ordinano dritti a ordinare il supplì cacio e pepe: riso carnaroli, pecorino romano DOP e parmigiano reggiano. Dobbiamo aggiungere altro?

Giulio Pane e Ojo: la cucina che viene della Tuscia

Giulio Pane e Ojo non è un’insegna nuova in città. È una tipica osteria romana inaugurata nel 1999 in Porta Romana, e dove sennò, dall’oste fondatore come ama definirsi, David Ranucci (e lo fa anche nel suo biglietto da visita). Giulio è il nonno di David che ha iniziato la tradizione di oste nella Tuscia, quella lingua di terra che si divide tra Toscana e Lazio, in particolare a Montefiascone in provincia di Viterbo dove aprì la sua prima osteria un centinaio d’anni fa. L’amore per le origini e il rispetto della cucina tradizionale è alla base della filosofia di David e della sua osteria. Qui è tutto semplice, famigliare, conviviale, le ricette sono quelle della tradizione popolare trasmesse di generazione in generazione. Partendo proprio dalle polpette al sugo, un piatto principe della cucina famigliare romana: polpette cotte in un tegame accompagnate da una gustosissima salsa di pomodoro. L’unica obbligo che avete è fare la scarpetta perchè il sugo non si avanza, è vietatissimo, dovrebbe esserci la legge marziale per chi non ha questa abitudine. Oltre a fiori di zucca e puntarelle che non possono mai mancare, vi consiglio un assaggio dei lombrichelli all’Etrusca, pasta fresca condita con pomodoro piccante, o i paccheri con fave, guanciale e pecorino. In mezzo a carbonara, amatriciana e gricia trovate anche i sedanini alla Tuscia: pasta saltata in padella con guanciale, ciliegini, basilico e ricotta romana fresca. Se tra i primi piatti regna l’indecisione, sui secondi non potete proprio sbagliarvi: si punta con decisione sui saltimbocca alla romana. La parola saltimbocca si riferisce al fatto che sono facili da fare quando da mangiare. La carne di vitello viene prima marinata nel vino bianco, arricchita con del prosciutto crudo e della salvia prima di essere saltata in padella con una noce di burro. Una delizia. E il sughetto che trovate nel piatto qui da Giulio è un’autentica meraviglia.

Trapizzino: la pizza che voleva essere un tramezzino

Io questo Trapizzino l’ho incontrato per la prima volta 5 anni fa alla presentazione della Guida Streetfood del Gambero Rosso, ho colmato la mia ignoranza con un trapizzino ripieno di pollo alla cacciatora. Colmando la mia ignoranza ho dato inizio all’ennesima dipendenza da cibo. Fortunatamente adesso per mangiarne uno mi basta andare in via Marghera e non sono più costretta a prendere un FrecciaRossa inventandomi le scuse peggiori per andare a Roma. Ma che cosa sarà mai questo trapizzino? Si tratta di una base di pizza bianca (per gli spiegoni vedi sopra al capitolo Romoletto) morbida dentro e croccante fuori di forma triangolare lievitata con il lievito madre. Questo triangolo di pizza bianca poi, e questa è la parte interessante, viene farcito con ogni bendidio prendendo l’aspetto di uno di quei corposissimi e deliziosi tramezzini che fanno a Venezia. Senza neanche stare qui a fare un compendio filosofico, il mio trapizzino preferito è quello farcito di carciofi alla romana. ma purtroppo non si può vivere di soli carciofi, la loro stagione è troppo breve. Sono una meteora nel cielo dei prodotti stagionali. Per favore, scienza e ricerca, concentrati per trovare un carciofo perenne come la lattuga, te ne saremo eternamente grati. Nel frattempo potete buttarvi sul trapizzino con la misticanza di verdure romane, con la trippa alla romana che viene cucinata al sugo di pomodoro con pecorino, menta, vino bianco e peperoncino. E se non siete ancora soddisfatti il trapizzino c’è anche ripieno di polpette al sugo, di lingua in salsa verde e di guancia brasata.

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