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Santo Palato a Roma, Sarah Cicolini la giovane cuoca che esalta il quinto quarto

Non ha ancora compiuto trent’anni, ma a Roma già in molti apprezzano la sua cucina e il suo stile. Abbiamo fatto due chiacchiere con Sarah Cicolini, la cuoca – come a lei piace essere chiamata – di Santo Palato, giovane trattoria della Capitale, aperta nel 2017 e diventata già un punto di riferimento per chi ama mangiare il quinto quarto. Abruzzese trapiantata a Roma, un po’ secchiona e con una grande passione per i libri, Sarah valorizza la cucina tradizionale dandole un respiro più contemporaneo. Insieme a lei una brigata altrettanto giovane.

Sarah Cicolini Santo Palato Roma
ph. Alberto Blasetti

Com’è cominciato tutto? Raccontaci i tuoi primi passi e la passione per il cibo…

La passione è nata perché fondamentalmente sono cresciuta respirando “quell’aria”. Io vengo dall’Abruzzo, un territorio poco sponsorizzato, ma in cui le eccellenze ci sono e sono anche tante e poi i miei nonni sono sempre stati contadini, dediti all’agricoltura e all’allevamento: non ho mai mangiato una zucchina a dicembre, per fare un esempio. Quindi sento di averla sempre avuta nel dna questa vocazione.
Tutto ciò senza trascurare però la mia forte passione per lo studio. Perché sono un po’ una secchiona. Ho frequentato il liceo classico, scelta che sicuramente rifarei perché la formazione classica mi ha dato tanto, e nel frattempo facevo anche le stagioni negli hotel della Riviera. Poi sono venuta a Roma per fare medicina, ma parallelamente avevo sempre voglia di cucinare. E così ho cominciato a farlo in diverse cucine della città, finché dopo 3 anni e mezzo ho scelto di farlo sempre e definitivamente.

Sappiamo che prepari molto quinto quarto, cioè le frattaglie: perché questa scelta?

Il quinto quarto è una sfida: sia cucinarlo che proporlo e farlo mangiare, soprattutto ai più giovani. Come dicevo, avendo vissuto fin da piccola a stretto contatto con la realtà contadina ho imparato che la chiave è nobilitare ogni parte dell’animale. Ci tengo a precisare che io non mi sono inventata nulla, riporto solo in auge alcune tradizioni così come fanno anche altri: però mi piace sottolineare che noi siamo un team giovane, il più grande che lavora qui ha 30 anni.

Santo Palato trattoria Roma
ph. Alberto Blasetti

Parliamo di Santo Palato: perché una trattoria e non un ristorante?

Perché mi affascinava riprendere la figura dell’oste. Spesso in molti mi chiamano chef, ma io preferisco essere chiamata cuoca. E a tutti noi piaceva poi l’idea di dare centralità al ruolo della cuciniera.
Diciamo che è stata una scelta stilistica: rispetto a quello che volevamo trasmettere noi, il ristorante ha un mood completamente diverso, dal personale all’arredamento.

I punti forti della tua trattoria?

Beh, uno penso sia proprio il quinto quarto. Ma una peculiarità che voglio sottolineare è che nelle mie ricette ci sono massimo quattro ingredienti e basta. Questo perché il piatto deve avere una sua identità ben precisa, una fruibilità immediata, e gli ingredienti devono essere riconoscibili. Inoltre abbiamo una lavagna con i piatti del giorno, che cambio quotidianamente in base alla disponibilità, che secondo me invoglia a tornare più di una volta.
Bisogna aggiungere comunque che Roma è una città con un’offerta vastissima. Penso quindi che la combinazione ambiente-menu-personale, e perché no forse anche la mia figura di cuoca giovane, siano altre qualità che la gente apprezza.

I capisaldi del tuo menu?

Restando in tema quinto quarto, ti dico: pajata e trippa, ma spesso anche fegato.
La pajata richiede un lavoro abbastanza certosino per pulirla e cucinarla, e per quanto a Roma sia storica, devo dire che un romano si emoziona sempre quando la vede in carta. Il fegato invece lo proponiamo ogni volta in modo diverso: abbiamo fatto la cotoletta prima marinata poi fritta, l’abbiamo preparato alla veneziana, poi il paté di fegato da servire con guancia di maiale. Devo dire che il fegato alla veneziana va sempre per la maggiore.

E c’è qualcosa del tuo Abruzzo in carta?

Devo dire che al momento cerco di soddisfare il pubblico romano, perché Roma è la città che mi ha adottata e sono molto felice di farlo.
Man mano voglio dare alla carta un respiro italico, cioè spaziare un po’ tra tutte le regioni e far apparire anche il mio Abruzzo. Al momento c’è un piatto che ogni tanto metto in lavagna, un crudo di pecora e broccolo che sa proprio delle mie montagne.

E tu, dove ami andare a mangiare quando non lavori?

Allora… C’è una trattoria poco fuori Roma, in cui cerco di andare appena posso: l’osteria Iotto. Il loro è un concetto molto bello, dove si mangia cibo vero.
Roma poi è una realtà davvero variegata, quindi ogni volta puoi scegliere qualcosa diverso. Ultimamente poi c’è uno scenario interessante di vinerie con cucina, come ad esempio Litro.
E un altro posto dove mi piace andare è Pommidoro, una trattoria a San Lorenzo: loro sono proprio storici storici.

Ringraziamo Sarah anche perché ci ha regalato una delle sue ricette. Quale? Un po’ di pazienza, ancora qualche giorno e la curiosità sarà soddisfatta.
Quindi, come si dice in questi casi: stay tuned!

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