La storia della trippa secondo il Gastronauta

Ora, dopo averne tanto parlato, vorrei raccontarvi la storia della trippa e, per farlo, ho chiesto aiuto a Davide Paolini, il Gastronauta.

– La trippa sta tornando di gran moda in questo periodo Davide. Ti risulta?

“Sì, è vero, diciamo che anche i giovani la stanno riscoprendo. Ma, ancora troppo spesso  quando si va a mangiare in ristorante, o ci si trova di fronte al banco della carne di una macelleria, si tende a scegliere i tagli cosiddetti “nobili”, come il filetto, la costata o la fiorentina e mai ci si sofferma sui tagli più “poveri” come fegato, cuore, polmoni, guancia, diaframma o pancia”.

– E dalla pancia si ricava la trippa, vero?

“Esatto. La pancia, per l’esattezza i tre prestomaci del bovino, se cucinati con cura e con i giusti ingredienti danno vita a uno dei piatti più apprezzati in Italia: la trippa.

– Ci spieghi meglio cosa si intende per trippa?

“La trippa è composta da tre cavità, poste tra l’esofago e lo stomaco. Il rumine, la parte più voluminosa e grassa, ha la forma di un sacco rigonfio e occupa circa il 75% dello stomaco bovino. Il reticolo, il più piccolo dei tre, ha una forma che ricorda una rete, da qui il nome. L’omaso prende anche il nome di libro, perché la mucosa che lo tappezza internamente forma una gran numero di lamine che gli conferiscono l’aspetto di un libro. Spesso viene usata anche la prima parte dell’intestino tenue, labomaso, il vero e proprio stomaco del bovino, obbligatoria per fare il famoso Lampredotto”.

– Dal punto di vista nutrizionale come si posiziona la trippa?

“La trippa è molto ricca dal punto di vista nutrizionale, con una quantità di proteine tra il 16-18%. Spesso si pensa che sia una pietanza poco digeribile per via della sua parte grassa, ma in pochi sanno che è una carne molto magra, circa 4% di grasso, è piuttosto l’uso delle spezie e dei condimenti usati durante la preparazione che la rendono pesante”.

Facciamo un po’ di lezione di storia della trippa

– In cucina si trovano diverse varianti di trippa a seconda degli ingredienti usati per condirla e accompagnarla. Mi spieghi le maggiori differenze?

storia della trippa
Milano

“La possiamo mangiare da Nord a Sud, da Est a Ovest, con il sugo o con i fagioli, aromatizzata con la cannella o con il rosmarino. Sono tanti i modi in cui possiamo gustarla. La trippa milanese, detta anche busecca, veniva cucinata durante le festività e consumata tradizionalmente durante la vigilia di Natale. È a base di trippa, brodo, fagioli, carote e sedano. La busecca è una delle pietanze rappresentative della cucina milanese. Per tale motivo l’epiteto “busecconi”, cioè “mangia-trippa”, è diventato uno dei soprannomi con cui sono conosciuti i milanesi. La trippa alla fiorentina è uno tra i piatti toscani più famosi e antichi, nel Quattrocento era un piatto unico a base di frattaglie e aromi mentre circa

storia della trippa
Firenze

trecento anni dopo, grazie all’arrivo dei pomodori dalle Americhe, prende forma la più contemporanea ricetta della trippa alla fiorentina, ovvero con l’uso del pomodoro pelato. A Napoli, invece, si mangia la zuppa ‘e carnacotta”, 68 per la smorfia napoletana. È un piatto antico e poverissimo che prevede trippa mista, pane raffermo, alla fine un po’ di pepe e parmigiano a piacere. La  zuppa va servita caldissima, a mestolate, su fette di pane biscottato in un’ampia ciotola, accompagnata da un buon bicchiere di vino rosso. Questo piatto rappresentò per anni, specie nei mesi invernali,  il gustoso pasto della povera gente e  dei salariati. Famoso è il detto “Non c’è trippa per gatti”, che ha curiose origini romane. Ernesto Nathan, sindaco di Roma dal 1907 al 1913, decise di cancellare dal bilancio comunale l’acquisto mensile della trippa, divenuta troppo costosa. L’alimento era acquistato per i gatti, indispensabili per cacciare i topi in Campidoglio. Da qui il famoso detto teso a indicare la penuria di mezzi.

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